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Finale: The Hardest Part (Berkelium)

Facendo le valigie e preparandosi alla partenza ormai imminente (tomorrow), una consapevolezza mi colpisce.

Quattro mesi senza bidet.

Ma mi mantengo impegnato e cerco di non pensarci. Nel frattempo colgo l’occasione per chiudere That Great Love Sound e con esso una splendida avventura che mi ha tenuto impegnato sin da Dicembre 2005. Qui si è riso, si è pianto, si è discusso ed a volte anche litigato, ma il blog è stato soprattutto una splendida bacheca per le mie farneticazioni artistiche, psicologiche, filosofiche, politiche e scientifiche. Occorre ora adeguarsi allo scorrere del tempo, e pertanto questo blog cede il passo.

Nasce un nuovo blog, ma il prezzo è abbandonare Splinder, piattaforma che tutto sommato mi ha sempre servito fedelmente. Vi invito ad aggiornare i vostri link ed a seguirmi su:

Vi attendono una nuova grafica, nuove avventure ma soprattutto un resoconto day-by-day delle mie avventure in un luogo governato da Schwarzenegger. Questo blog non verrà aggiornato ulteriormente; in compenso nel nuovo vi prometto faville.

See you in the next life.

The Walk of Life (Vespers)

Lievemente sorpreso dal calore ed alla mole dei festeggiamenti, mi risveglio una mattina con ventidue anni sulle spalle.

E’ un’estate tranquilla. Ho gettato via le munizioni del passato ed anche se ascolto con attenzione, dentro di me non sento (quasi) più nulla ribollire. So che presto dovrò partire, e che mi attende quasi un anno di completa e totale personal reinvention: ricostruire una vita, delle relazioni sociali, delle amicizie in un paese straniero. E’ un po’ come trapiantare un albero. La cosa buffa è che un anno fa non avrei mai usato una simile metafora. Un’altra cosa buffa è che so esattamente perchè ora invece la uso.

E penso anche che a volte la vita è stranamente ironica. Proprio ieri ho saputo che stai male, proprio mentre sto per fare i bagagli diretto verso un paese anglofono vengo a sapere che sei in coma e forse presto non sarai più fra noi. Proprio tu che mi hai insegnato così tanto, e che hai contribuito con importanti mattoni alla costruzione di me.

Tu che, scaramuccia dopo scaramuccia, mi hai insegnato non solo le basi dell’inglese (che avrei poi perfezionato in seguito) ma anche un’etica, una morale di vita fra le righe. Litigavamo, e raramente eravamo d’accordo su quali autori fosse importante studiare, ma io sapevo che se mi commuovevo su Keats non solo tu mi comprendevi, ma era anche un po’ merito tuo.

Quando sei andato in pensione, io ti ho scritto una lettera. Ti ho omaggiato di un componimento di Auden che pensavo non conoscessi: Eliot, Auden e Larkin li condividevamo, li abbiamo sempre condivisi. Di fatto li devo a te: forse se non ti avessi avuto come insegnante sarebbe andata diversamente, e io sarei stato interiormente assai più povero.

Pensavi spesso alla morte. Eri molto heideggeriano nel tuo umorismo allora, ed era come se ogni tuo motto di spirito contenesse la consapevolezza della vanità della nostra esistenza. Un modo molto intelligente di vivere, secondo me, che ti impediva di abbandonarti alla superbia.

Ti auguro di farcela. Ho ancora un tuo libro che mi hai prestato tanti anni fa, il primo libro in inglese che io abbia mai posseduto.

Spero tanto di riuscire a restituirtelo.

Goodbye, My Blog

E così un’altra stagione è andata, more or less, ed è tempo per me di partire per la mia Castelgandolfo, tanto per usare una metafora papista. Da Cesenatico, dove mi troverò per i prossimi venti giorni, questo blog potrebbe essere aggiornato assai sporadicamente, quindi vi auguro ora delle splendide vacanze, in qualsiasi modo abbiate deciso di passarle.

Dopo quasi due anni di attività frenetica, poi, questo blog chiuderà definitivamente prima della fine di Agosto. Non andrà offline ma semplicemente cesserà di essere aggiornato: come tutte le mie creazioni web passate, rimarrà ad imperitura memoria, ad ingrossare la schiera di relitti di cui Internet già straborda.

Dalla California inizierò poi un nuovo blog, le cui coordinate vi verranno comunicate a breve, non appena avrò finito di prepararlo.

A tutti quanti mi hanno finora seguito, letto, commentato, e soprattutto a quelli che hanno voluto condividere con me questa esperienza aprendo un loro blog vorrei dire soltanto che è stato bellissimo, e che spero di avervi donato anche solo una minima parte di quello che questo blog ha dato a me. Io sono – e sarò sempre – uno di quelli per cui la scrittura è catartica, e spesso risulta anzi l’unica possibilità di catarsi. Coltivate i vostri blog: sono un modo elegante di comunicarsi al prossimo senza vessarlo.

The ride is nearly over. See you.

High Time, We Made A Stand That Shook Up The Views of The Common Man

 

Summer

E’ arrivata l’estate. Me ne accorgo dal fatto che neanche Pannella mi scrive più.

Wishing on a Star

Scusate, è solo che…

… ma non badateci.

We Choose

L’amore, malgrado tutto, è una scelta. So che non concorderai con me, che dirai "Al cuor non si comanda!" o altre facezie similari. Certo, i sentimenti prendono il sopravvento il più delle volte, ma noi possiamo decidere di non cedere ad essi. Possiamo vivere o non vivere quello che ci succede, gettarci anima e corpo in ciò che si impossessa di noi oppure dissimulare, fingere che non esista.

E poi c’è tutto il resto, nient’affatto collaterale alle volte. Quelle piccole cose che nelle vite ordinarie fanno da contorno all’amore, e per noi sono invece il sale della vita. L’essenza stessa di ciò che è buono e giusto in questo mondo, e su cui possiamo fare affidamento; noi che verso l’amore proviamo una naturale diffidenza. Noi, a cui l’amore ha tolto più di quanto ci abbia mai dato. Noi, che comunque sappiamo sempre rialzarci e tentare, anche quando nuotiamo in un fiume di dolore. Verso la Rinascita.

Innamorato della vita, io tiro avanti.

It’s a decision
made overtime
Should you take the risk
and start to climb
the steepest hill
only to find
halfway there you’ve been
left behind?

Choosing to love
is risking a lot
and trying to change
and to keep all you’ve got
But don’t pretend
it comes out of the blue
You take a chance
and see it through
and if it’s refused
what can you do?
Continue hopefully?
Start anew?

Lick your wounds
Buy your booze
You won’t get drunk by accident
You choose
Don’t blame him
for refusing your bid
He didn’t decide to love
You did

Rufus Wainwright Live @ Velvet

E così alla fine riesco a raccontarlo, questo concerto.

Attendevo Rufus Wainwright in Italia da diversi anni: la prima ed ultima volta che era passato da queste parti era proprio al Velvet, come supporter dei Keane (°_°), ma io naturalmente non lo sapevo. E così, a colpo sicuro, questa volta abbiamo preso i biglietti con abbondante anticipo e siamo arrivati sul posto un’ora buona prima dell’inizio dello spettacolo: c’è stato quindi tutto il tempo di un Martini, di un Baileys e soprattutto di un’occhiata all’umanità quantomai variegata che popolava il Velvet. L’opening act, una grintosa ragazza newyorkese di nome Cat Martino, non era affatto male, anche se oramai l’attesa trepidante era tutta per Rufus. Il quale in verità non si è fatto attendere granchè, ma si è presentato con una specie di pigiama a righe bianche e rosse (che nemmeno Chiambretti al Dopofestival) tutto tempestato di coccarde brillantinate. Talmente kitsch che si è sentito in dovere di spiegare che quei grumi informi di paillettes rappresentano quanto c’è di buono dentro di loro e nel cuore del’America.
Se lo dice lui.

La prima parte del concerto, divisa equamente fra pezzi del nuovo disco e alcuni successi precedenti, come The Art Teacher, è scivolata via tranquilla. Almeno finchè il nostro eroe non ha deciso di trascinare sul palco un tremante nerd, colpevole solo di indossare una T-shirt con la sua faccia, per interpretare la parte recitata di Between My Legs.

Quelle horreur. ^^

Ma niente poteva prepararci a quanto sarebbe venuto dopo. Rufus si presenta dopo il break interamente vestito alla zuava, con tanto di salopette in velluto e calzettoni al ginocchio. Invece di regalarci i vecchi pezzi che tutti amiamo, si disperde tra interpretazioni senza microfono di pezzi folk irlandesi, reinvenzioni di Judy Garland e vari colpi d’audacia invero piuttosto inutili. Lo spirito da vaudeville raggiunge il suo climax all’inizio del primo bis, in cui Rufus si presenta in vestaglia ed esegue una canzone lunga e struggente a me ignota. Dopodichè, con assoluta nonchalance e tra lo sconcerto generale si trucca, si ingioiella,si toglie la vestaglia e travestito da donna si lancia in un playback con balletto di Come On Get Happy di Judy Garland.
Increduli abbiamo assistito ad una performance carica di humour e autoironia, degna di un grande artista. Non nascondo però che non era per questo che avevo deciso di venire al concerto. Speravo nella vena cantautorale che ho imparato ad amare negli anni, di cui però domenica sera si è visto ben poco.

Per cui, un otto politico.


Voto: 8
Highlights: Between My Legs – Beautiful Child – The Art Teacher – If Love Were All – Come On Get Happy – In My Arms

Numbers

Mi sento così.

E anche stavolta, speriamo che vada.

Spending Warm Summer Days Indoors

Sono ormai una strana creatura, in grado di vedere la luce solo per pochi minuti al giorno. Non per impossibilità oggettiva, ma per il fatto che molto difficilmente ho un valido motivo per uscire di casa prima del tramonto. Fotofobia o vampirismo? Decidete voi. Nel frattempo macino algoritmi su algoritmi e penso a te, mia nemesi, penso a te che forse non mi mangerai.

Sto costruendo un castello di nozioni pagina dopo pagina, nella speranza che un tuo soffio non possa scompigliare tutte le carte, che arrivato di fronte a te resisterà. Perchè tra me e l’America sei rimasto soltanto tu. Tu e la tua materia, che insegni da sempre, rigorosa e spietata, nonchè complicata come poche cose che io mi sia mai trovato davanti prima d’ora. Neutroni, flussi, gruppi energetici, scattering, sezioni d’urto ed altre bizzarrie nucleari imbrigliate per mezzo di algoritmi, vettori, matrici, e metodi numerici.

Un bailamme infinito. O più probabilmente la porta verso il futuro.

Per cui, ancora una volta, denti stretti. No rest, no mercy, no matter what.

Dopodichè non mi resterà che cercare di meritare di nuovo quello che, per egoismo, ho perduto per strada. Sperando che il Tempo non sia tiranno e che, per una volta, le lancette possano davvero tornare indietro.